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    vista la piccola scaramuccia tra me e alberto sul bov mi piacerebbe un confronto pacato con tutti su cosa ci porta al nostro personale comfort. io vado in acqua discretamente, alberto, paolinus, rana etc altrettanto. sarebbe carino un tranquillo raffronto tra noi.
    inizio dicendo che, per me, il comfort, è raggiunto quando riesco a governare i problemi che possono insorgere.
    per me i problemi subbacqui sono tre : 1) coccolone 2)mancanza gas 3) panico
    al primo nulla si può fare siamo destinati a lasciare questa valle di lacrime. sui secondo e terzo lì ognuno di noi agisce secondo il suo percorso intellettuale. personalmente affronto il percorso di apprendimento, io non mi addestro, imparo. appreso affronto il discorso di raggiungere il mio comfort secondo come il mio cervelletto dice.
    da qui partono tuitte le considerazioni su configurazioni etc etc.
    obiettivo rendere minimi i rischi di : mancanza di gas - panico
    qualcuno un tempo vaneggiava di robe con nomi tipo human factor
    ......lasciami l'orgoglio di essere solo un uomo...

  • #2
    Ciao, dico la mia dal basso della mia esperienza, giusto per avere un confronto, come dici.
    Io sono passato dal CA al Reb ormai da parecchi anni, dopo una discreta esperienza in CA in cui mi è capitato qualche intoppo, tra cui anche un primo stadio piantato su una deco, che ho dovuto sostituire in acqua per non essere "carente di gas".
    Con il reb, sono passato un paio di volte in bailout, ero inesperto e "passata la paura" sono rientrato in macchina, dato che il problema ero io e non il reb.
    Il comfort è mentale, oltre che fisico e va "costruito" con l'esperienza, l'allenamento, l'addestramento e con una buona dose di "autocontrollo" psicologico (non mi viene un altra parola).
    Aumentare il range della zona di comfort non è immediato né automatico, bisogna lavorarci. Ci sono giornate "buone" e altre meno, serve tempo in acqua.
    La configurazione diventa "parte del sistema", parafrasando "quelli là". Se sono in comfort con le bombole messe in un certo modo, (ad esempio), e sono in grado di gestirle (aggancio, sgancio, predisporre l'erogatore all'utilizzo, rimetterlo a posto, età), secondo me è giusto usare quel sistema.
    Non ho mai avuto panico, ma l'ho visto da vicino, non ho mai finito il gas ma ho dovuto risolvere dei problemi per cavarmela.
    Insomma, sono un subacqueo della domenica...
    Niente di quello che ho scritto è vero, sono uno che dice sempre bugie.

    cit: "meno male che c'e' qualcuno che ha la scienza e sa come van fatte le cose..."

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    • #3
      La "zona confort"... che cosa è? per me è quando sono tranquillo sull'esito positivo che riesco a dare con le mie conoscenze ed il mio "saper fare", derivante da un imprevisto. Conoscenza è differente da "saper fare" che spesso porta rapidamente al "poter fare". Esempio: Parti con un progetto dove ti insegnano a fare in un modo, studi e ti adegui a quegli standard, ma nello stesso tempo analizzi anche altre possibilità e te le cuci addosso. Quando iniziai il percorso reb il 1 corso non prevedeva (credo anche adesso) l'uso di un bombolino di o2 di riserva o di un flowstop sul 1 stadio dell'o2 sulla linea del solenoide. in caso di flusso continuo si insegna/va di chiudere il rubinetto e riaprirlo al bisogno controllando la po2. feci tante ore con tale insegnamento, ma l'idea di inserire un flowstop escludendo il solenoide e poter fare addizione manuale comodamente dal pulsante nel sacco invece che stare ad aprire e chiudere la bombola era un tarlo sempre presente. Alla fine feci come pensavo fosse giusto/meglio per me e aggiunsi il flowstop nonostante prendessi improperi a destra e a manca. L'anno successivo, alla presentazione del nuovo modello di reb della casa madre, vidi un flow stop proprio lì; alla richiesta di spiegazioni fu riposto che era una procedura migliore... Io non sono un genio ma quando mi trovo nei casini , è successo, voglio un approccio che sia il più semplice e veloce possibile, per me, per risolverli perché sono certo, avendo vissuto varie esperienze, che il primo aiuto deve comunque partire da me! Come ci si arriva? risolvendo i vari problemi che mano mano capitano e analizzando a posteriori la bontà delle manovre fatte! Scusate la lunghezza. P.S. L'analisi a posteriori spesso serve anche per implementare una miglior prevenzione che, è la migliore soluzione al problema.
      Ultima modifica di lo scrondo; 29-06-2023, 13:30.
      http://www.youtube.com/user/ugosgrevi?feature=mhee#p/u
      Sul mare non è come a scuola, non ci stanno professori. Ci sta il mare e ci stai tu. E il mare non insegna, il mare fa, con la maniera sua.
      Erri De Luca, I pesci non chiudono gli occhi

      cit. giordydiver: "un subacqueo GUE ben addestrato(il 99% dei casi)"
      cit. giordydiver: "gli utenti sono nella mia testa e sanno meglio di me quello che volevo dire !!"

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      • #4
        Senza coccoloni, con aria a sifficienza e senza rotture di balle sono decisamente in area comfort.
        E' una condizione mentale in cui ci siamo io ed il mare. Altri sono ammessi, ma non devono creare problemi. Altrimenti cessa il comfort e si sconfina nel masochismo.
        Ciao
        Paolo
        Paolo

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        • #5
          Ciao.
          Il comfort va di pari passo con l’esperienza.
          Quante volte mi sono trovato in quella condizione?
          Che non è per forza un emergenza mortale.

          Quante volte mi sono trovato a risalire senza cima da 80mt ? quante volte mi sono trovato da solo al lago con la torcia in failure o con un erogatore in auto erogazione?
          Quante volte mi sono trovato in mare con correnti fortissime da gestire con stage da spostare ,pedagno da mantenere?
          Il comfort a mio avviso è legato alle esperienze.
          Ognuno ha le sue.
          Il cervello riconosce quello che ha già provato e sa in linea di massima sa come reagire.
          Potrei essere in confort in una di queste situazione sopra descritte ma potrei non esserlo in situazione completamente nuove dove non mi ci sono mai trovato.
          Grotte? Strettoie? Relitto penetrazione nel torbido?

          Poi ci sono le emergenze in CA E REB anche qui è legato all’esperienza e all’utilizzo del sistema.
          Vuoto bombolino oxy.
          Devo abbandonare la macchina e uscire in baoilout.
          Mi si allaga il reb.
          Procedure che tutti abbiamo visto duranti i corsi ecc.ecc ma al netto di tutto penso che ognuno di noi usi le miglior strategia e ripassi mentalmente quale procedure mettere in atto i famosi what if?
          Io ogni 3 mesi dedico qualche tempo in immersione per provare procedure ecc.cecc.
          Cerco di muovermi con prudenza, cerco di allenare la memoria muscolare, tuttavia sono consapevole che l’ emotività del momento ,l’ emotività di un emergenza risulta un po' più difficile da allenare.

          Faccio anche una riflessione sul solo diving
          il solo diving sono quasi certo che contribuisce ad aumentare il comfort in acqua.
          In un periodo della mia vita sub, ho fatto quasi 8 anni a fare il 50% delle immersione in solitaria.
          Mi piacevano un sacco e mi sono servite.
          Ogni tanto mi ricapita!
          Ultima modifica di paolinus; 29-06-2023, 18:28.
          http://profondeemozioni.blogspot.com...V5SQJ1vZvQ6WZR
          http://profondeemozioni.blogspot.com/

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          • #6
            Ciao caro Cesare.

            Argomento molto complesso quello che introduci.

            La "zona di comfort" dovrebbe essere quella situazione in cui tutte le variabili di un immersione sono o si pensa che siano sotto controllo.
            Nella "zona di comfort" ci sentiamo sicuri, padroni della situazione, lo stress psichico e fisico si abbassa, la respirazione è regolare, la muscolatura rilassata, percepiamo uno stato di benessere, ci rilassiamo.

            Inizio con il dire che la mia "zona di confort" non è un qualcosa di acquisito e quindi fisso ma un confine in continuo cambiamento, un oasi che si espande o si contrae continuamente, cambia nel tempo, nel contesto, per le persone con cui ci immergiamo, per le attrezzature utilizzate, cambia anche nell'immersione stessa per enne motivi, ecc, ecc, .....

            Con questa premessa lancio una "provocazione" un approccio a questo argomento contro corrente, senza polemica, solo con l'intenzione di promuovere un dialogo e confronto costruttivo.

            La "zona di comfort" sott'acqua è, per me, una condizione instabile, nel senso che la percepisco, mi rilasso ma siamo sempre sott'acqua.
            La "zona di comfort" non può estendere il rilassamento oltre una certe soglia altrimenti diventiamo meno precisi, rischiamo di distrarci, di non riuscire ad intercettare il suo confine che fluttua, riuscendo ad anticipare l'evoluzione dei fatti quando questi virano oltre il suo confine.

            Per questo, ritengo, che il concetto sia spesso sopravvalutato, o trattato in maniera sbagliata, ossia gli si da una connotazione troppo estesa e stabile nel tempo che, a volte, non tiene conto di tanti aspetti, aspetti che spesso finiamo per pensare di riuscire a controllare ma che nella realtà dei fatti rischiano di andare fuori controllo.
            Spesso leggo "bisogna espandere la zona di comfort", per me è il contrario la "zona di comfort" per la natura stessa dei subacquei tende ad espandersi da sola se non succede nulla oltre quello che noi pensiamo, pertanto bisognerebbe capire come restringere la "zona di comfort"

            Ci sono state tragedie che io imputo a questo senso di troppa sicurezza, ne cito due tristemente famose.
            La prima: la tragedia della grotta di S.Giorgio sul promontorio di Portofino, un sifone che si trasforma in un rompi-tutto se ci troviamo in presenza di risacca, ma a bassa profondità, e qui due subacquei padre e figlio ci si sono infilati dentro, sicuri, tutto andava bene, tutto era sotto controllo, ma una volta dentro le cose sfuggirono dal controllo finendo in tragedia.
            La seconda: la tragedia in cui è morta una bambina entrata in una grotta con il suo istruttore, sicuramente l'istruttore percepiva la situazione all'interno della sua "zona di comfort" solo che una volta dentro in un attimo le sue certezze vennero meno e cosi la bambina non riuscì più ad uscire.
            Entrambe le tragedie avvenute a bassa profondità, in condizioni che un attimo prima apparivano estremamente sicure e centrate sulle capacità dei soggetti, salvo poi un attimo dopo precipitare tutto nel caos.

            Morale: anche nella "zona di comfort" dobbiamo alimentare il dubbio, la paura (che è sana sott'acqua, ci tiene vigili ed attenti a quello che si fa).

            Paradossalmente in solitaria mi sento nella "zona di comfort" o diciamo che mi sento sicuro, centrato, eppure è proprio quando sono da solo che rischio di eccedere perché, sono solo con me e forse con presunzione penso di conoscermi e mi sento sicuro.

            Quando sono con altri tendo a diventare protettivo (esce l'istruttore che è in me) e questo mi porta a restringere la "zona di comfort" a cercare uno stato emotivo in cui si faccia strada la "paura", il dubbio legato al fatto di pensare a cosa potrebbe succedere se mi sfugge qualcosa.

            Se accompagno dei bambini non percepisco nessuna zona di confort mi spaventa anche la fase della compensazione dove c'è il rischio di fargli strinare un timpano.

            Non ho problemi a scendere in aria anche a -50 o -60 m, ed anche più ma con il tempo ho capito che non devo lavorare per estendere la "zona di comfort".
            Questa tende ad allargarsi con il crescere dell'esperienza se non succede nulla.
            Al contrario devo riuscire ad uscire dall'idea che io mi trovi nella mia "zona di comfort" sempre e comunque, sforzarmi di trovare e provare timore, perché questo mi tiene attento, preciso, mi fa riflettere e non dare per scontato nulla.

            Un esercizio mentale per restringere la percezione della "zona di comfort" è pensare agli incidenti finiti in tragedia, quelli più banali, che ci si domanda ma com'è stato possibile, quelli in cui non possiamo dire è colpa di altri - in cuor nostro sappiamo che una distrazione poteva succedere anche a noi.
            Vedi la ragazza annegata dopo aver fatto il passo del gigante per entrare in acqua, a pochi metri di profondità con un intera barca di subacquei sopra, che ridevano e scherzavano ma nessuno aveva preso in esame la possibilità che succedesse la tragedia.

            Pensare che tutte queste tragedie potevano succedere a me, pensare come mi sarei trovato se succedeva a me mi aiuta a restringere le mie sicurezze e questo mi spinge a tenere un pochino alto lo stress, che ci è necessario.

            Quindi mi chiedo e vi chiedo vi siete mai chiesti quanto stress vi è necessario anche quando sentite di essere nella vostra zona di comfort ?

            Se si, sapreste descrivere il livello di attenzione, attivazione, consapevolezza che avete nella vostra "zona di comfort" ?

            Un mio caro amico, non che l'istruttore che mi ha trasmesso la passione, durante un immersione dove tutti eravamo perfetti, ha fatto retro front ed è risalito interrompendo l'immersione.
            Al perché di quel comportamento ha risposto: eravate troppo sicuri.

            Il mio piccolo contributo alla discussione è questa riflessione: attenti perché la "zona di comfort" è un palloncino al cui interno ci siamo noi, ma basta un piccolo ago per farlo esplodere esponendoci a situazioni non facili da controllare.

            Sono molte più le volte dove la percezione della "zona di comfort" si è estesa oltre le capacità dei subacquei causando problemi anche gravi delle volte in cui sappiamo di uscire dalla "zona di comfort" e per tanto ci attiviamo di conseguenza.
            Al contrario è quando pensiamo di aver esteso la "zona di comfort" rischiamo.

            Ci vuole esperienza e anche, nel bagaglio, qualche sana paura vissuta, per poter oggettivamente capire il reale confine di quella che sentiamo essere la nostra "zona di comfort".
            Sapendo che questi confini cambiano e non solo per la profondità.


            Cordialmente
            Rana



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            • #7
              Caro RANA, dopo avere seguito la formazione di mio figlio in acqua per anni facendo immersioni sempre fonde ed abbondantemente fuori curva ho trovato di assoluto relax immergermi senza la preoccupazione di pensare ad altri
              Con mia moglie ci capiamo con una occhiata ed andando negli stessi posti da molti anni sappiamo cosa ci aspetta. Le nostre immersioni sono sempre all'insegna del mantenimento di una situazione di comfort e, a parte i profili, sempre con spirito ricreativo
              Mai avuto problemi seri ma solo preoccupazioni a causa di alcuni compagni di immersioni occasionali rivelatisi troppo "pasticcioni"
              Una volta quando ero solo tendevo ad andare piu' fondo , poi mi sono autolimitato con la profondita' aumentando i tempi a tutto vantaggio del comfort di mia moglie che ha smesso di preoccuparsi piu' del dovuto
              Effetto della vecchiaia
              Ciao
              Paolo
              Paolo

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              • #8
                beh si, il comfort è un percorso non uguale per tutti e si porta dietro tutto il percorso subbaccquo. ora, senza fare il libro cuore delle nostre esperienze (nulla di più vero che il comfort lo genera principalmente l'esperienza). il mio arrivo al reb non è stata l'ansia del raggiungere il profondo, ma l'avere un vero sistema ridondante. quando vai fondo e passi i 100 i litraggi dei bail out si fanno scarsi e arrivo alle 12 litri carbon. guardo con molto interesse, ma non sono ancora convinto, il secondo reb.
                rana come sempre, benchè tu sia un'anticchia prolisso, il percorso intellettuale è sempre razionale.
                ......lasciami l'orgoglio di essere solo un uomo...

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                • #9
                  Mah,
                  per quanto mi riguarda la "zona comfort" è un unicorno, se ci sono, è solo quando non succede nulla di imprevisto.

                  Per tutti gli altri casi ci sono varie gradazioni di stress: produzione di sostanze chimiche che impediscono il divagare del pensiero razionale e relegano la paura ad un angolino della coscienza.

                  Qualche secondo in cui il cervello si spegne, raccoglie le informazioni e poi si agisce, perché, fondamentalmente, le soluzioni sono sempre quelle, poche, maledette e dipendenti più dall'ambiente esterno che altro. Non c'è mai da fare grandi "filosofie".

                  Certo, a volte si fa in un attimo la cosa giusta, altre, nello stesso attimo, quella sbagliata: l'importante è farla.
                  Ciò che deve reggere è la pompa cardiaca, cosa che, certe volte, non ho dato così tanto per scontato.

                  Se sono in "comfort" vuol dire che, ciò che è successo, è un'emerita sciocchezza.

                  www.bludivecenter.com

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                  • #10
                    mica tanto come dici tu
                    però mi dà spunto per partire nel vero cuore del comfort.
                    quando il problema o imprevisto che sia e quale il problema possono essere considerati schiocchezza o invalidanti?
                    il solenoide che si incanta, la frusta che si rompe, la pinna persa, il computer /profondimetro che ci abbandona?
                    rimaniamo impigliati?
                    se la pompetta rompe la membrana, se perfettamente in comfort con la certezza di abbandonare questa valle di lacrime.
                    alla filosofia, se la accosti alla subacquea, le vengono le bolle e l'orticaria
                    ......lasciami l'orgoglio di essere solo un uomo...

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                    • #11
                      Originariamente inviato da cesare Visualizza il messaggio
                      mica tanto come dici tu
                      però mi dà spunto per partire nel vero cuore del comfort.
                      quando il problema o imprevisto che sia e quale il problema possono essere considerati schiocchezza o invalidanti?
                      il solenoide che si incanta, la frusta che si rompe, la pinna persa, il computer /profondimetro che ci abbandona?
                      rimaniamo impigliati?
                      se la pompetta rompe la membrana, se perfettamente in comfort con la certezza di abbandonare questa valle di lacrime.
                      alla filosofia, se la accosti alla subacquea, le vengono le bolle e l'orticaria
                      a prescindere dalla pruriginosità della filosofia, un problema è un problema se ti porta fuori dal "comfort", altrimenti è un contrattempo.
                      "Imprevisto" è troppo generico, ci rientrano i problemi e i contrattempi.

                      Senza volersi imbrogliare troppo nelle parole: lo stesso fatto in 2 contesti diversi può essere uno o l'altro.

                      Se immagino una situazione spiacevole a quote che conosco (tranne quelle per cui ci lasci le penne), ho anche la soluzione in testa, se necessita di pratica la faccio.
                      Relego il fatto nei contrattempi, se il contesto ci mette lo zampino, può diventare un problema, ergo sono fuori dal comfort. Perdonatemi, se qualcuno afferma il contrario non ci credo, non ve lo dico, ma non ci credo.

                      Volendo dare una definizione:
                      è zona comfort quella in cui succede ciò che hai potuto immaginare come lo hai immaginato.

                      Capite che è un campo abbastanza ristretto e poco attinente alla realtà.

                      Poi c'è da valutare come e con quali strumenti si gestisce una situazione fuori dalla propria zona comfort: un po' è una questione genetica, un po' l'età, un po' l'esperienza, un po' l'incoscienza.

                      Pensare di fare un'immersione, quale che sia, ed essere sempre e comunque nella propria zona di comfort è una chimera, nulla più.

                      My 2 cents.
                      www.bludivecenter.com

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                      • #12
                        Originariamente inviato da blu dive Visualizza il messaggio

                        Pensare di fare un'immersione, quale che sia, ed essere sempre e comunque nella propria zona di comfort è una chimera, nulla più.

                        My 2 cents.
                        Blu Dive ha il dono della sintesi e della chiarezza, cose che io non ho.

                        Nel mio pasticciato intervento intendevo proprio questo, concetto.

                        La "zona di comfort" è un concetto per me spesso abusato perché nella mia esperienza può venir meno di colpo, anche a quote che pensiamo acquisite e sicure.

                        Per questo ho scritto che bisognerebbe lavorare per restringere la percezione della "zona di comfort" mentre questa per sua natura, dentro i subacquei tende ad espandersi con il susseguirsi delle immersioni se non succede nulla e quasi sempre non succede nulla ma ...... prima o poi qualcosa succede ed è qui che la bolla scoppia.

                        Io mi rendo conto che scrivo in maniera filosofica quasi staccato dalla realtà ma io ritengo che questa sia la realtà.

                        Cordialmente
                        Rana

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                        • #13
                          Non sono d'accordo. In ogni momento della vita puo' capitare qualcosa. Non per questo dobbiamo flagellarci o punirci alla Tafazzi.
                          Se mi immergo con piacere sto bene e quindi sicuramente non sto male.
                          Dato che sono stato quasi sempre bene mi rifiuto di rovinarmi un piacere con mille menate.
                          Se sto bene in fondo al mare vuol dire che ho accettato dei rischi ed arrivato anche ad una certa eta' non intendo rovinarmi quel poco che mi rimane con dell'autolesionismo intellettuale.
                          E se ti succede questo... e se ti succede quello... e se poi ti si rompe questo altro ...
                          Ricordati fratello che devi morire .... mo me lo scrivo...
                          Ciao
                          Paolo
                          Paolo

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                          • #14
                            Originariamente inviato da paolo55 Visualizza il messaggio
                            Non sono d'accordo. In ogni momento della vita puo' capitare qualcosa. Non per questo dobbiamo flagellarci o punirci alla Tafazzi.
                            Se mi immergo con piacere sto bene e quindi sicuramente non sto male.
                            Dato che sono stato quasi sempre bene mi rifiuto di rovinarmi un piacere con mille menate.
                            Se sto bene in fondo al mare vuol dire che ho accettato dei rischi ed arrivato anche ad una certa eta' non intendo rovinarmi quel poco che mi rimane con dell'autolesionismo intellettuale.
                            E se ti succede questo... e se ti succede quello... e se poi ti si rompe questo altro ...
                            Ricordati fratello che devi morire .... mo me lo scrivo...
                            Ciao
                            Paolo
                            Credo che tu abbia frainteso
                            www.bludivecenter.com

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                            • #15
                              bludive
                              Qualora avessi frainteso qualche dettaglio credo comunque di avere espresso, piu' o meno pertinente, un mio approccio personale alla subacquea. Sempre attenti ma con spirito rilassato al fine di ricavare il massimo del divertimento. Vale per tutte le attivita' ludiche ma puo' valere anche in altri ambiti in cui ci si allontana troppo dal piacere e dal divertimento nel fare le cose.
                              Ciao
                              Paolo
                              Paolo

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